Alcuni spunti per valutare al meglio l’utilizzo del diritto di prelazione immobiliare ed utilizzare efficacemente questo strumento. Scegli di essere il primo!
In cosa consiste il diritto di prelazione?
Il diritto di prelazione consiste nel diritto di essere preferito ad altri, a parità di condizioni, nella conclusione di un futuro ed eventuale contratto, che le parti sono libere di stipulare o meno. In sostanza il diritto di prelazione opera solo nel caso in cui il concedente decida di concludere il contratto.
Si distingue in:
– prelazione volontaria o convenzionale, quando si fonda sull’accordo delle parti ed ha efficacia obbligatoria; questo accordo può essere contenuto all’interno di un altro atto o contratto o può essere oggetto di patto autonomo.
– prelazione legale, quando è stabilita dalla legge in casi tassativi ed ha efficacia reale (può essere fatta valere nei confronti dei terzi). Questo avviene normalmente per ragioni di interesse generale che il legislatore ritiene meritevoli di tutela. I casi più frequenti nell’ambito della prelazione immobiliare riguardano:
- la prelazione ereditaria o retratto successorio (art. 732 c.c.);
- la prelazione urbana a favore dei conduttori degli immobili non ad uso abitativo (art. 38 legge 392/1978) e ad uso abitativo (art. 3 c. 1 lett. g, legge 431/1998 che richiama gli artt. 38, 39 legge 392/1978);
- la prelazione agraria a favore del coltivatore diretto e del confinante (art. 8 legge 590/1965; art. 7 d. lgs. 228/2001);
- la prelazione nell’impresa familiare (art. 230 bis c.c.);
- la prelazione artistica a favore dello Stato nel caso di alienazione a titolo oneroso di beni di interesse storico, artistico e archeologico (art. 60 d.lgs. 42/2004);
- la prelazione su beni ecclesiastici (legge 222/1985).
ed infine il particolare diritto di prelazione previsto per legge a favore degli acquirenti di immobili da costruire (art. 9 d. lgs. 122/2005).
Come si esercita il diritto di prelazione immobiliare?
Quando il concedente decide di procedere alla stipula del contratto deve informare il prelazionario attraverso la c.d. “denuntiatio”, consistente in una comunicazione nella quale il concedente dichiara al prelazionario l’intenzione di contrarre e, a seconda della sua formulazione, potrà valere:
- come proposta contrattuale (art. 1326 c.c.) revocabile, ovvero irrevocabile (art. 1329 c.c.); in questi casi deve essere completa, ossia recare tutte le condizioni per la sua conclusione (oggetto, prezzo) ed indicare un congruo termine entro cui il prelazionario deve comunicare se intende esercitare il proprio diritto o meno (detto anche “spatium deliberandi”); la risposta positiva del prelazionario equivarrà ad accettazione, con conseguente conclusione del contratto; oppure
- come atto non formale di adempimento dell’obbligo di comunicazione; in questo caso la risposta del prelazionario non consente la diretta conclusione del contratto, ma questo verrà concluso in un secondo tempo.
In linea generale, vige il principio di libertà di forma, ma se la prelazione immobiliare viene formulata come proposta contrattuale, occorre utilizzare la stessa forma prescritta dalla legge per il contratto che s’intende concludere (leggi anche il nostro approfondimento sul contratto preliminare).
Durante lo spatium deliberandi il promittente può fare trattative con terzi, ma non può concludere il contratto con terzi prima che il prelazionario abbia dato riscontro alla denuntiatio o prima dello spirare del termine ivi indicato senza riscontro da parte del prelazionario. Se il promittente decede nel corso dello spatium deliberandi, l’obbligo di garantire l’esercizio della prelazione si trasferisce a carico dei suoi eredi.
In ogni caso, esula dal diritto di prelazione immobiliare la facoltà del prelazionario di “rinegoziare” le condizioni offerte, ad esempio, chiedendo una riduzione del prezzo o un pagamento rateale.
Quali sono gli effetti dell’inadempimento del patto di prelazione?
In caso di inadempimento del patto di prelazione immobiliare gli effetti sono diversi a seconda che si tratti di prelazione legale o convenzionale.
La prelazione legale ha efficacia reale ed è opponibile ai terzi, attribuendo al prelazionario un rimedio forte e di particolare efficacia, vale a dire il diritto di riscatto del bene nei confronti dell’acquirente e la facoltà di esperire il rimedio di cui all’art. 2932 c.c., ossia l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto (Cass. 15709/2013).
La prelazione convenzionale, invece, ha efficacia personale e non è opponibile ai terzi, ma attribuisce al prelazionario solo il diritto al risarcimento del danno, corrispondente al vantaggio patrimoniale che il beneficiario avrebbe tratto dal fatto di essere preferito al terzo (C.M. BIANCA, Il contratto, Milano, Giuffrè, 2000, 271).
Quali sono i vantaggi dell’accordo di prelazione?
- Per prelazionario: quello di riservare a sé la conclusione di un determinato contratto, di essere preferito rispetto ad altri interessati a parità di condizioni.
- Per il concedente: può essere un interesse economico (se si tratta di prelazione a titolo oneroso) o lo spirito di liberalità (in caso di prelazione a titolo gratuito) o interessi di altra natura sottostanti al rapporto con il prelazionario.
E’ necessario indicare un termine di efficacia nella prelazione volontaria?
In linea generale il patto di prelazione immobiliare deve contenere un termine di efficacia, decorso il quale il concedente non è più vincolato e riacquista la libertà di contrarre con chi vuole.
L’opinione della dottrina e della giurisprudenza, però, non è pacifica sul punto:
- secondo un orientamento, un termine deve sussistere, in quanto in difetto o in caso di termine eccessivamente lungo renderebbe il patto nullo ex art. art. 1379 c.c.;
- secondo un altro indirizzo, al contrario, il termine non sarebbe essenziale per la sua validità in quanto il patto di prelazione non limita il concedente nella facoltà di disporre o meno dei suoi beni o nelle condizioni della pattuizione, ma solo nella scelta dell’acquirente; in ogni caso, il termine potrebbe essere fissato dal giudice ove richiesto (Cass. civ. 15709/2013). Aderendo a questo orientamento si ammetterebbe anche la possibilità che il bene oggetto del patto di prelazione venga trasformato o distrutto, senza che ciò implichi un inadempimento contrattuale.
E’ ammissibile il diritto di prelazione volontaria su un bene futuro?
La risposta è affermativa. Ai sensi dell’art. 1348 codice civile la prestazione di cose future può essere dedotta in contratto, salvi i particolari divieti della legge (artt. 458, 771, 2823 codice civile).
Prendiamo, ad esempio, il caso in cui Tizio desideri riservarsi il diritto di prelazione sull’acquisto della proprietà di un posto auto da realizzarsi in futuro su un terreno edificabile da lui ceduto a un altro soggetto. Quest’ultimo sarà libero di costruire o meno il posto auto e di determinarne il prezzo, ma, nel momento in cui lo dovesse realizzare e vendere, ecco riaffiorare il patto di prelazione che imporrà al concedente di offrire prioritariamente in vendita il posto auto così realizzato a Tizio (prelazionario), che potrà dunque decidere se avvalersi o meno del suo diritto.
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