La successione internazionale


Vi sono successioni che presentano elementi di internazionalità per le quali si pone il problema dell’individuazione della legge applicabile; basti pensare all’ipotesi di un cittadino italiano residente in un altro Stato o al cittadino non italiano residente in Italia.

Le successioni caratterizzate da profili di transnazionalità sono disciplinate dal Regolamento UE n. 650/2012, applicabile a tutte le successioni aperte a partire dal 17 agosto 2015, su tutto il territorio dell’Unione Europea, fatta eccezione per Irlanda e Danimarca.

In Italia, dunque, a partire da tale data, alle successioni internazionali è applicabile il solo Regolamento suddetto, sia con riferimento ai cittadini europei che con riferimento ai cittadini extra europei.

La norma di riferimento per individuare la legge applicabile alla successione è l’art. 21, paragrafo primo, secondo cui il criterio generale per la regolamentazione della successione è quello della residenza abituale del defunto al momento della morte.

È evidente come la “residenza abituale” non necessariamente coincida con la “residenza anagrafica” e può, dunque, risultare difficile individuare con precisione i confini del criterio scelto. Per ovviare a tale problema il Regolamento all’art. 21, par. secondo, prevede che nel caso in cui emerga un collegamento manifestamente più stretto con un altro ordinamento, è applicabile la legge di quest’ultimo.

Una volta individuata la legge applicabile essa disciplina l’intera successione, dalla sua apertura fino alla divisione ereditaria.

Il Legislatore europeo, inoltre, ha previsto la facoltà di scegliere la legge applicabile alla propria successione internazionale (c.d. professio iuris). In altri termini, il testatore può scegliere, in deroga al criterio previsto in via residuale dal Regolamento, come legge regolatrice dell’intera successione la legge dello Stato di cui ha la cittadinanza al momento della scelta o al momento della morte. Ove egli abbia più di una cittadinanza, può scegliere la legge di uno qualsiasi degli Stati di cui ha la cittadinanza al momento della scelta o al momento della morte. La dichiarazione deve essere resa nella forma di una disposizione a causa di morte o risultare dalle clausole di tale disposizione.

Il Regolamento prevede, altresì, che sono competenti a decidere sull’intera successione gli organi giurisdizionali dello Stato membro in cui il defunto aveva la residenza abituale al momento della morte.

Nel caso in cui ci si trovi di fronte a una successione con elementi di transnazionalità può porsi il problema della doppia o, addirittura, multipla tassazione della ricchezza. I rimedi per evitare  fenomeni di doppia imposizione a fronte della medesima successione sono rappresentati dalle convenzioni bilaterali stipulate dall’Italia con alcuni Stati esteri e, nel diritto interno, dal credito per le imposte estere.

Relativamente all’imposta sulle successioni, l’Italia ha stipulato sette accordi bilaterali secondo il modello di Convenzione Ocse, con i seguenti Paesi: Stati Uniti d’America, Svezia, Grecia, Gran Bretagna, Danimarca, Israele e Francia.

I criteri previsti dai trattati fiscali per evitare la duplicazione della pretesa impositiva sono due, alternativi fra loro: il metodo del credito d’imposta, in virtù del quale l’imposta versata nello Stato in cui si trovano i beni può essere detratta dall’imposta dovuta nell’altro Stato, entro certi limiti, e il metodo dell’esenzione, in virtù del quale i beni sono assoggettati ad imposta esclusivamente nel Paese in cui si trovano.

Laddove manchi un apposito accordo internazionale, il legislatore italiano ha previsto il ricorso al credito d’imposta come rimedio per l’eliminazione della doppia imposizione. In particolare, l’art. 26, comma 1, lett. b), del Testo Unico delle successioni e donazioni dispone che dall’imposta di successione dovuta in Italia debba detrarsi l’imposta versata in uno Stato estero in dipendenza della medesima successione e in relazione a beni ivi esistenti, fino a concorrenza della parte dell’imposta di successione proporzionale al valore dei beni stessi fatta salva, ovviamente, l’applicazione di eventuali trattati o accordi internazionali in essere.

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