Cessione del credito vantato nei confronti della PA


Com’è noto il Codice Civile disciplina la cedibilità dei crediti all’articolo 1260 prevedendo che il creditore possa cedere a un terzo il proprio diritto di credito anche senza il consenso del debitore ceduto, in quanto per quest’ultimo è normalmente indifferente effettuare la prestazione a favore di un soggetto o di un altro. La stessa norma prevede l’incedibilità dei crediti strettamente personali e dei crediti la cui cessione è vietata dalla legge.

Quando il credito è vantato nei confronti della Pubblica Amministrazione la disciplina dettata dal legislatore ha natura derogatoria rispetto a quella civilistica suddetta. In tal caso, infatti, ai sensi del combinato disposto dell’art. 9 All. E della L. n. 2248/1865 e degli artt. 69 e 70 del R.D. 2440/1923, emerge che qualora il debitore ceduto sia una Pubblica Amministrazione e la cessione sia riferita a crediti relativi a contratti di durata, in corso di esecuzione, quali quelli di somministrazione, fornitura ed appalti, il creditore deve chiedere il consenso all’Amministrazione interessata. Tale deroga all’art. 1260 c.c., tuttavia, opera solo fino a quando il contratto è in corso e cessa alla conclusione dello stesso, con conseguente irrilevanza dell’accettazione della P.A. qualora il credito ceduto discenda da contratti che abbiano esaurito i loro effetti, per essere stata la prestazione del contraente integralmente e correttamente eseguita, ovvero nei casi in cui il credito ceduto non sia riconducibile alla tipologia contrattuale dei contratti di durata.

Il divieto di cessione dei crediti verso la P.A. senza l’adesione di quest’ultima, sancito dall’art. 70 R.D. n. 2440 del 1923, si applica, dunque, solamente ai rapporti di durata come l’appalto e la somministrazione o la fornitura, mentre la cessione di un credito derivante da altri contratti soggiace all’ordinaria disciplina codicistica.

Come esplicitato dalla Cassazione (n. 13261 del 2000) la disciplina che limita la cedibilità del credito fino a quando il contratto è in corso, vuole evitare che durante l’esecuzione dello stesso possano venire a mancare i mezzi finanziari al soggetto obbligato alla prestazione in favore della P.A.

Una peculiarità della cessione del credito verso la Pubblica Amministrazione è rappresentata dalla forma richiesta per l’atto di cessione; affinché la cessione stessa sia opponibile alla P.A. è necessario, infatti, un atto pubblico o una scrittura privata autenticata da notaio.

Nel caso in cui si sia già conclusa l’esecuzione del contratto tra le parti, il creditore ha facoltà di cedere il credito vantato nei confronti della P.A. sempre mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, che andrà notificata alla Pubblica Amministrazione, ma senza dover ottenere dalla P.A. il consenso alla cessione.

Ai sensi del combinato disposto degli artt. 69 e 70 del R.D. del 18 novembre 1923, n. 2440, le cessioni relative a somme dovute dallo Stato devono essere notificate all’amministrazione centrale ovvero all’ente ovvero ufficio o funzionario cui spetta ordinare il pagamento. In deroga al principio generale del codice non vi è la possibilità per il cessionario di dimostrare in altro modo, diverso dalla notificazione, l’avvenuta conoscenza della cessione da parte della Pubblica Amministrazione.

Infine, per quanto riguarda le eccezioni opponibili al cessionario l’Ente pubblico potrà opporgli tutte le eccezioni che avrebbe potuto far valere nei confronti del cedente, aventi ad oggetto sia la validità del titolo costitutivo del credito sia i fatti modificativi o estintivi.

 

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