1 – Il rapporto tra il programmatore del software e il committente
Compreso che il software è a tutti gli effetti un bene giuridico tutelato dalla legge, risulta interessante analizzare l’interazione esistente tra l’autore e i potenziali soggetti interessati alle prestazioni del software, quali ad esempio gli utenti che navigano o lavorano sul web, le imprese intenzionate ad usufruire dei vantaggi dell’automazione o ancora i privati che desiderino godere delle funzioni di un software nella propria quotidianità.
Pertanto, esistono fattispecie in cui l’utilizzatore dell’opera dell’ingegno è persona diversa dal suo titolare (sviluppatore) ed avviene così una scissione tra i due soggetti.
In primo luogo bisogna considerare la differenza tra programmatore e utente/committente.
Il primo è colui che genera il software grazie alle proprie competenze e conoscenze ed è colui che gode sempre dei diritti d’autore, distinti – come visto in precedenza – in morali e patrimoniali.
Il secondo è un soggetto che usufruisce del software in base al proprio interesse e ne ricava un potenziale beneficio. Si è usato il termine committente poiché spesso accade che questi fornisca un incarico ad un esperto-sviluppatore affinché crei per lui un software, studiato esattamente sulle richieste ed esigenze manifestategli.
A tal proposito, si consideri che l’avvento dell’informatizzazione e dell’automazione negli anni ha suscitato molto interesse nei privati e nelle imprese, le quali, intenzionate a rimanere al passo con il progresso tecnologico nella gestione delle proprie attività, richiedono a personale esperto delle consulenze circa la realizzazione di software, che si evolvono poi frequentemente in richieste di sviluppo/realizzazione degli stessi.
È da qui che nasce il rapporto tra i due soggetti: da un lato il programmatore esperto, il quale, concordando le modalità di svolgimento dell’incarico, creerà un software appositamente studiato per le richieste del caso, e dall’altro colui che abbisogna delle prestazioni di un software-programma per
l’espletamento di proprie attività.
Tale circostanza deriva dal fatto che il committente in questione decide di non prendere in considerazione un software già esistente sul mercato e generato per il pubblico genericamente inteso, preferendo piuttosto rivolgersi ad esperti del settore per la realizzazione di un software “personalizzato”.
Il presupposto giuridico di tale fattispecie è la stipulazione di un contratto consensuale tra le parti, nel rispetto della legge e delle norme previste dal nostro ordinamento.
2 – Il contratto di sviluppo del software.
Il contratto di sviluppo software è un contratto atipico, il quale prevede che il committente incarichi una software house o un singolo sviluppatore-programmatore (lavoratore autonomo) per la realizzazione di un software che meglio si adatti alle proprie necessità. Si ricorda, pertanto, che ad oggi esistono diversi tipi di software, con annesse diverse funzionalità e potenzialità.
Il software – riconosciuto ad oggi come opera dell’ingegno – è disciplinato normativamente dalla Legge sul diritto d’autore (n. 633/41), la quale garantisce sempre diritti morali e patrimoniali al proprio autore, che, se non specificamente regolamentati nel contratto tra le parti, rischiano di essere trascurati e di non coprire il programmatore del software nella misura prevista dalla legge.
Il contratto di sviluppo dovrà perciò essere redatto in modo analitico e preciso, tenendo conto delle precise esigenze di entrambe le parti.
A tal proposito, il programmatore, successivamente alla stipula di un contratto di sviluppo, può rimanere il titolare dei diritti d’autore sul software da lui creato – come è anche possibile che ceda alcuni di questi diritti al committente.
È necessario quindi che nel contratto sia indicato chiaramente, anche sotto il profilo della proprietà intellettuale, cosa spetta all’uno e cosa all’altro.
Come in precedenza analizzato, i diritti morali discendenti dalla tutela autorale fanno sempre capo all’autore del bene poiché inalienabili, e dunque nel momento in cui un programmatore genera un software è indubbio che egli rimanga il “padre” dell’opera.
Diverso discorso vale per i diritti patrimoniali, i quali possono essere alienati insieme alla stessa. Ad esempio, può accadere che il committente sia intenzionato ad acquistare i diritti patrimoniali sul software a lui ceduto, così da riuscire a sfruttarlo economicamente successivamente alla ricezione.
Diversamente, può accadere che egli sia intenzionato esclusivamente a godere del software e delle sue funzionalità, permettendo così al programmatore di mantenere i diritti d’autore sul software, potendo lo stesso modificarlo e distribuirlo a soggetti terzi.
In questo ultimo caso, allora, più che di contratto di sviluppo software si parlerà di una licenza d’uso, tramite la quale il committente ottiene semplicemente il beneficio del godimento dell’opera poiché non interessato ad acquistarne i diritti patrimoniali d’autore.
3 – Le fasi della contrattazione
Le fasi della contrattazione per lo sviluppo-realizzazione di un software sono diverse, e precisamente vi sono:
- l’analisi delle esigenze del committente, la quale ha un ruolo preponderante poiché essa incide sulle conseguenze giuridiche nonché sui diritti riconosciuti alle parti. Infatti, il committente in tale fase dovrà manifestare la volontà – da inserire nel contratto – circa la natura e le prestazioni del programma da realizzare, nonché quella di ricevere o meno i diritti patrimoniali al momento della cessione del software.
Ad esempio, un’impresa che richieda ad un esperto la realizzazione di un software per l’espletamento di alcune attività interne e attinenti alla gestione tecnica, nella maggior parte dei casi non avrà interesse ad acquistare anche i diritti sul software poiché interessata esclusivamente al risultato e non anche alla possibilità di riprodurre le funzionalità e le prestazioni del software per eventuali e futuri affari; - la progettazione, in cui il programmatore svilupperà il software in base alle tempistiche e modalità pattuite;
- il collaudo, al fine di verificare il funzionamento e le prestazioni del software prima che questo venga consegnato per l’utilizzo;
- l’accettazione del risultato, la quale può manifestarsi a seguito di più collaudi nel caso in cui si tratti di un software particolarmente complesso o siano sorte nuove esigenze del committente durante la progettazione.
4 – L’esigenza di una forma contrattuale rigorosa.
Godere dei diritti patrimoniali sul software significa avere la possibilità di continuare ad utilizzare i codici attuati per la creazione dello specifico software successivamente all’espletamento dell’incarico postogli dalla committenza, quindi di riprodurlo e cederlo ad altri committenti per trarne ulteriori benefici.
Dunque, non è difficile ritenere che l’autore del software generalmente mantenga l’interesse – salvo diversa ed esplicita pattuizione – a rimanere titolare di tali diritti sul bene.
Per certi versi il contratto di sviluppo sembra rispecchiare le caratteristiche del contratto di prestazione d’opera (se il programmatore è un privato) ovvero d’appalto d’opera (se il programmatore è una società).
Tuttavia – anche se la disciplina di questi contratti risulti pressoché sovrapponibile – vi sono delle differenze da tenere in considerazione poiché il software – quale opera dell’ingegno e proprietà intellettuale – è un bene giuridico immateriale e in virtù di ciò presenta delle caratteristiche evidentemente diverse rispetto ad altri beni/opere realizzabili.
Dunque, un contratto di sviluppo software redatto nella forma di un comune contratto di appalto rischierebbe di provocare gli effetti di quest’ultimo favorendo il committente, trasferendogli ogni diritto di sfruttamento commerciale del software nonché dei codici tramite i quali è stato generato, con la conseguenza che il soggetto che li ha creati non potrà utilizzarli per altri incarichi.
Nessun problema sorgerà nel caso in cui la volontà del programmatore sia ab origine la stessa del committente. Diverso, invece, sarà il caso in cui le due volontà siano differenti e non espresse esplicitamente nel contratto.
Da tenere in considerazione è quindi la natura e la forma che il contratto di sviluppo necessita. Esso dovrà essere redatto in forma scritta nell’interesse delle parti, in quanto, considerata la atipicità dello stesso poiché non ancora disciplinato nel nostro ordinamento, ciò che rileva in caso di contenzioso giudiziale è quanto le parti hanno pattuito ed esplicitato nel contratto.
Quindi, in assenza di una contrattazione precisa ovvero in assenza della prova di una contrattazione scritta, l’autorità potrà semplicemente riferirsi alla disciplina applicabile in quanto assimilabile a quella trattata, potendo talvolta comportare conseguenze non desiderate dalle parti ovvero da una di queste.
In altre parole, una scarsa informazione reciproca al momento delle trattative è quasi sempre motivo di futuro contenzioso tra lo sviluppatore e il committente.
Difatti, quando si parla di diritti d’autore sulle opere dell’ingegno il cui utilizzo è destinato a terzi – e ancor di più nel caso del software – risulta essenziale la redazione di un contratto preciso e rigoroso in ogni sua parte – tramite il supporto legale di professionisti esperti – affinché si elimini a monte il rischio di incomprensioni o fraintendimenti tra i soggetti coinvolti.