Vi è una norma specifica che disciplina la “revocazione per sopravvenienza di figli”; si tratta dell’art. 687 cod. civ. La norma prevede che “le disposizioni a titolo universale o particolare, fatte da chi al tempo del testamento non aveva o ignorava di aver figli o discendenti, sono revocate di diritto per l’esistenza o la sopravvenienza di un figlio o discendente del testatore, benché postumo, anche adottivo, ovvero per il riconoscimento di un figlio nato fuori dal matrimonio. La revocazione ha luogo anche se il figlio è stato concepito al tempo del testamento”. Il legislatore, poi, ha previsto che la revocazione non abbia luogo qualora il testatore abbia provveduto per il caso in cui esistessero o sopravvenissero figli o discendenti da essi. Infine, è previsto che qualora i figli o discendenti non vengano alla successione e non si faccia luogo a rappresentazione, la disposizione prevista dal testatore avrà il suo effetto.
Deve, anzitutto, evidenziarsi che non si tratta di una revoca nel senso proprio del termine in quanto essa prescinde da una dichiarazione di volontà da parte del de cuius, essendo invece un effetto ex lege.
Una norma del genere trova il suo fondamento in due ragioni: nella presunta volontà del testatore e nella tutela del supremo interesse della famiglia.
Si ritiene opportuno soffermarsi sulla natura giuridica dell’istituto in esame che è oggetto di dibattito. Parte della dottrina, infatti, ha fatto riferimento ad una ipotesi di invalidità successiva del testamento, mentre altri autori hanno parlato di una causa di inefficacia successiva.
Nella prassi ci si è chiesto se tra i presupposti della norma in esame vi sia l’assenza di precedenti figli o l’ignoranza della loro esistenza, oppure se essa operi anche nell’ipotesi in cui sopravvengano “ulteriori” figli rispetto a quelli che vi erano già al momento della disposizione.
Parte della dottrina ritiene che anche in presenza di figli già generati, le disposizioni vengano meno per l’effetto della venuta ad esistenza di ulteriori figli. In questo senso sembrerebbe deporre la ratio posta alla base della norma stessa che è, appunto, quella di tutelare la famiglia, questo spingerebbe a una tutela da applicarsi anche nell’ipotesi in cui la famiglia sia anche solo incrementata per l’effetto della nascita di ulteriori figli.
Tuttavia, si ritiene preferibile la tesi opposta secondo cui solo in presenza della sopravvenienza di un “primo” figlio del testatore si verifica la fattispecie in esame. Da un’attenta analisi del testo pare abbastanza chiara tale conclusione in quanto l’art. 687 cod. civ. fa espressamente riferimento a chi “al tempo del testamento non aveva o ignorava di aver figli”. In secondo luogo una sanzione così grave, che porta alla caducazione delle disposizioni testamentarie, non può che derivare da un evento peculiare e specifico quale il sopraggiungere del primo figlio ad una persona che prima era priva di prole.
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