La scissione di società è disciplinata dagli articoli 2506 e ss. del Codice civile e può essere definita come l’operazione di frazionamento societario che, in virtù dello spostamento patrimoniale dalla scissa alla beneficiaria, comporta la modificazione dei rapporti di partecipazioni facenti capo ai soci della scissa, i quali acquisiscono partecipazioni nella società beneficiaria.
Il legislatore prevede che con la scissione una società assegni l’intero suo patrimonio a più società, preesistenti o di nuova costituzione, o parte del suo patrimonio, in tal caso anche ad una sola società, e le relative azioni o quote ai suoi soci.
Ne deriva che particolarmente pregnante è l’analisi del concetto di “parte del patrimonio” oggetto di assegnazione. L’ipotesi ordinaria, nella scissione parziale, è quella in cui la società scissa assegna asset patrimoniali attivi e passivi, alla società beneficiaria (ad esempio immobili e debiti verso le banche).
In tale contesto, si è posta la questione della legittimità di una c.d. scissione di cassa. Quando si parla di scissione di cassa si fa riferimento a una scissione avente a oggetto risorse essenzialmente o esclusivamente finanziarie, quali liquidità bancaria o di cassa, titoli azionari o partecipazioni e obbligazioni negoziate su mercati regolamentati.
Ci si interroga, in particolare, su eventuali profili di elusività di una tale scissione e con la risposta all’interpello n. 133 del 21.03.2022 l’Agenzia delle Entrate si è occupata della questione. Nello specifico, si è evidenziato che da una scissione di cassa non discende un vero e proprio vantaggio fiscale dal momento che, l’Agenzia delle Entrate, con un sindacato anti-abuso, si limiterebbe ad anticipare soltanto l’imposizione di utili (corrispondenti alla cassa) che, comunque, sarebbero destinati ad essere tassati nel successivo momento della loro effettiva e definitiva attribuzione ai soci da parte delle beneficiarie Newco.
Quanto detto non esclude in via generale che una scissione di cassa possa presentare profili di elusività qualora la stessa dovesse configurare solo il primo step nella costruzione di un sistema volto alla creazione di società contenitori e alla cessione delle partecipazioni da parte dei soci persone fisiche con lo scopo esclusivo di spostare la tassazione dai beni di primo grado ai beni di secondo grado, generando così un risparmio d’imposta altrimenti non conseguibile.
Occorre, altresì, soffermarsi sulle finalità perseguite attraverso la scissione: se le finalità dell’operazione muovono da interessi delle società coinvolte e non da interessi dei singoli soci la scissione di cassa potrà essere posta in essere senza che in essa si rinvengano profili elusivi. L’agenzia delle Entrate, infatti, ha evidenziato come il giudizio favorevole circa la fattispecie rappresentata deve ritenersi subordinato alla condizione che nessun asset societario, frutto degli investimenti operati con la “Cassa” presente e futura, sia impiegato per raggiungere obiettivi esclusivamente personali oppure familiari o, in generale, estranei ad un contesto imprenditoriale, e che da ciascuna società post-scissione non provengano flussi finanziari diversi dai dividendi, a favore dei rispettivi soci (per esempio, a titolo di prestito/garanzia).
In sintesi, la possibilità di porre in essere una scissione di cassa senza profili elusivi deve essere valutata caso per caso, con le dovute cautele e verificando che la liquidità generata e corrispondente ai dividendi rimane, dopo la scissione, in capo alle società risultanti dalla scissione stessa; tale liquidità sarà, dunque, distribuibile in base a precise condizioni e gravata da correlati oneri fiscali.
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