Le partecipazioni sociali a tempo


Le partecipazioni sociali a tempo, cioè soggette a termine finale di durata, non sono normativamente disciplinate per le società di diritto comune ma la dottrina notarile le ammette sulla base di alcune condivisibili considerazioni qui di seguito riportate.

Occorre, anzitutto, evidenziare che è stato il Consiglio Notarile dei distretti riuniti di Firenze, Pistoia e Prato, con l’Orientamento numero 66 del 2018 dell’Osservatorio Società, ad affermare la legittimità di tali partecipazioni prevedendo che esse possano essere rappresentate anche da azioni e che il relativo valore di liquidazione sia liberamente determinabile.

L’unico riferimento normativo in tema di partecipazioni a tempo si rinviene nell’art.17, comma 3, del D.gls. 19 agosto 2016, n.175 (Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica); la norma stabilisce che nella società a partecipazione mista pubblico-privata affidataria di appalti o concessioni “la durata della partecipazione privata alla società […] non può essere superiore alla durata dell’appalto o della concessione”. La dottrina ritiene estendibile tale previsione anche alle società di diritto comune e, altresì, a tutte le società a partecipazione pubblica. Tale conclusione si basa sulla considerazione che la possibilità di rendere potenzialmente temporanea la partecipazione sociale di singoli soci o di parte di essi, sia già deducibile da alcuni indici normativi: si pensi al caso di società priva di durata, e non quotata in un mercato regolamentato, ove ogni singolo socio può decidere di far cessare la sua partecipazione in ogni tempo, salvo l’obbligo del preavviso (art.2437, terzo comma c.c.; art.2473 secondo comma c.c.); altro esempio è dato dalla disciplina di cui all’art.2437, quarto comma, c.c. e all’art. 2473 primo comma c.c. ove è prevista la possibilità di introdurre nello statuto cause di recesso ulteriori rispetto a quelle legali, tali da consentire al socio, o a determinati soci, di disinvestire al verificarsi delle condizioni previste.

Per quanto riguarda, poi, il termine, lo si può individuare con riferimento ad un preciso giorno di calendario o lo si può determinare per relationem.

A questo punto occorre chiedersi cosa accade al capitale sociale quando la partecipazione “scade”. Si ritiene che, nel silenzio dello statuto, alla scadenza del termine di durata la liquidazione avverrà mediante riduzione del capitale sociale; si tratta di riduzione reale con conseguente applicazione degli artt. 2445 e 2482 c.c.

In ultimo, è bene soffermarsi sulla valutazione dell’ammontare della liquidazione spettante ai soci a tempo. Si ritiene che siano liberamente negoziabili i criteri di determinazione del valore di disinvestimento e non coincidenti con quelli previsti negli artt. 2437 ter e 2473 c.c. Ciò appare ragionevole in quanto, in tale fattispecie, non sussistono né le ragioni di tutela del socio ricorrenti qualora si verifichino cause legali di recesso, né quelle invocate in caso di espulsione dalla compagine sociale per volontà altrui (azioni riscattabili, esclusione, drag along).

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