Per poter affrontare la questione della trasmissibilità a causa di morte del diritto d’autore occorre, anzitutto, soffermarsi sul dibattito circa la natura del diritto stesso. In materia si sono profilate tre distinte posizioni.
Una prima tesi, ponendo l’accento sull’attività creatrice, riconduce il diritto d’autore al genus dei diritti della personalità; la seconda, focalizzandosi sul profilo patrimoniale, reputa che l’autore sia titolare del diritto di sfruttare economicamente l’opera; la terza inquadra il diritto d’autore alla stregua di una situazione giuridica complessa, all’interno della quale si distinguono due diversi diritti, l’uno di natura patrimoniale e l’altro volto a tutelare la personalità.
Relativamente alla suddetta distinzione occorre precisare che:
- per diritto patrimoniale d’autore s’intende il diritto allo sfruttamento economico dell’opera da parte del suo titolare;
- il diritto morale d’autore, invece, è il diritto che attiene alla paternità dell’opera, anche quando vi sia stata l’alienazione delle facoltà di sfruttamento economico.
La teoria del diritto d’autore quale situazione giuridica complessa è da ritenersi preferibile, in quanto coerente con il disposto normativo di cui alla Legge 22 aprile 1941 n. 633 la quale, rispettivamente agli articoli 12 e 20, distingue tra protezione dell’utilizzazione economica dell’opera e protezione dei diritti sull’opera a difesa della personalità dell’autore.
È proprio nella disciplina della trasmissione mortis causa del diritto d’autore che emerge la distinzione tra il profilo personale (art. 23) e quello patrimoniale (art. 115), precisando che solo quest’ultimo può essere oggetto di successione ereditaria.
Nel regolare la sorte della propria opera intellettuale, per l’autore possono verificarsi due ipotesi: che l’opera sia in corso di pubblicazione ovvero che sia stata già pubblicata tramite un editore. Nella prima fattispecie sembra debba ragionarsi in termini di successione negli obblighi e nei diritti che sorgevano in capo all’autore per effetto della conclusione del contratto di edizione, per cui si avrà successione nel rapporto contrattuale. Nella seconda fattispecie, invece, si verificherà una mera successione nel diritto di utilizzazione economica dell’opera già pubblicata.
In mancanza di una disposizione testamentaria sul punto, la legge si occupa di dettare criteri suppletivi volti all’amministrazione ed alla rappresentanza dei diritti e degli interessi coinvolti, sia sotto il profilo morale che patrimoniale. Le norme di riferimento sono gli articoli 116 e 117 della Legge 22 aprile 1941 n. 633:
– l’art. 116 prevede che l’amministrazione e la rappresentanza degli interessi della comunione sia conferita a uno dei coeredi o a persona estranea alla successione e se i coeredi trascurano la nomina o se non si accordano sulla nomina medesima, entro l’anno dall’apertura della successione, l’amministrazione è conferita alla Società italiana degli autori ed editori (SIAE), con decreto del tribunale del luogo dell’apertura della successione, emanato su ricorso di uno dei coeredi o dell’Ente medesimo;
– l’art. 117 statuisce che l’amministrazione curi la gestione dei diritti di utilizzazione dell’opera senza, però, poter autorizzare nuove edizioni, traduzioni o altre elaborazioni, né l’adattamento dell’opera alla cinematografia, alla radiodiffusione ed alla incisione su apparecchi meccanici, senza il consenso degli eredi rappresentanti la maggioranza per valore delle quote ereditarie, salvi i provvedimenti dell’autorità giudiziaria a tutela della minoranza, secondo le norme del Codice civile in materia di comunione.
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