In tema di usufrutto su quota di società di persone l’interprete si trova ad affrontare la difficoltà di rispondere a interrogativi nati nella prassi senza che esista una normativa che disciplini l’argomento.
La possibilità di costituire su quota di società di persone il diritto di usufrutto è stata a lungo dibattuta. Ad oggi, la tesi prevalente ritiene che le quote di società di persone siano qualificabili come beni mobili immateriali e, di conseguenza, su di esse si può costituire il diritto di usufrutto.
Com’è noto, l’usufrutto consiste nel diritto di un soggetto (usufruttuario) di godere di un bene di proprietà di un altro soggetto (nudo proprietario) e di raccoglierne i frutti, con l’obbligo di rispettarne la destinazione economica. Nel caso di usufrutto su quota, quindi, all’usufruttuario spetta il diritto agli utili, ma è solo il nudo proprietario che continua a essere socio della società; secondo la tesi prevalente, infatti, l’usufruttuario non diventa mai socio.
Affermare che la quota di società di persone possa essere oggetto di usufrutto comporta la nascita di varie questioni pratiche.
Anzitutto ci si interroga sulle modalità di costituzione del diritto di usufrutto sulla quota. La dottrina e la giurisprudenza prevalenti ritengono applicabile alla fattispecie l’art. 2252 del Codice Civile che per le modificazioni del contratto sociale richiede il consenso di tutti i soci, se non è convenuto diversamente. Conseguentemente, si può affermare che per la costituzione dell’usufrutto su quota è necessario il consenso di tutti i soci, salvo patto contrario.
In secondo luogo, occorre soffermarsi sull’attribuzione dei diritti e dei doveri connessi alla partecipazione sociale e chiedersi come si dividono tra il nudo proprietario e l’usufruttuario.
In particolare, secondo la tesi prevalente in materia, il diritto di prestare il consenso alle decisioni dei soci spetta all’usufruttuario. Per prudenza, però, si potrebbe ricorrere alla prestazione di un consenso congiunto da parte dell’usufruttuario e del nudo proprietario.
Relativamente al potere di amministrare la società, alcuni autori attribuiscono tale potere all’usufruttuario mentre, secondo altra parte della dottrina, se si ritiene che l’usufruttuario non è socio, non può essergli attribuito il potere di amministrare la società ritenuto che nelle società di persone non è ammissibile l’amministratore estraneo.
Riguardo, poi, alla responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali la dottrina è divisa: secondo alcuni autori l’usufruttuario è responsabile illimitatamente per le obbligazioni sociali sorte dopo la costituzione dell’usufrutto; altra parte della dottrina, invece, partendo dall’assunto che all’usufruttuario non spetta il potere di amministrare la società, esclude che il titolare del diritto di usufrutto su quota abbia responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali.
Viste le questioni dibattute in materia, è bene che il contratto sociale contenga una disciplina puntale e precisa sui temi suddetti affinché non sorgano dubbi nella gestione dei rapporti tra nudo proprietario e usufruttuario e altresì tra essi e la società.
Infine, è opportuno fare un cenno alla normativa fiscale. Le norme di riferimento sono gli articoli 5, commi 1 e 2, e 8, comma 2, del Tuir, che individuano nei soci i soggetti cui attribuire per trasparenza il reddito societario ma, allo stesso tempo, stabiliscono che lo stesso deve essere imputato in misura proporzionale alla quota di partecipazione agli utili.
L’agenzia delle entrate, in diverse risoluzioni, ha evidenziato che, in linea generale, le predette disposizioni normative prevedono che gli utili e le perdite siano imputati a ciascun socio, ma nel caso di usufrutto su quota può affermarsi che l’utile riferibile alla quota sociale oggetto di usufrutto è imputabile all’usufruttuario.
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